Probabilmente siamo in errore, e pur tuttavia, almeno in questo momento, crediamo che il cerchio si stia per chiudere.
Due nomi di tutto rispetto alla Presidenza della Camera e alla Presidenza del Senato: Laura Boldrini (Sel) e Pietro Grasso (PD).
Laura Boldrini (51 anni), già funzionario e portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stata eletta con 327 voti, 17 in più del quorum necessario di 310 voti, 13 in meno sui 340 del centrosinistra
Pietro Grasso (1 gennaio 1945), ex Procuratore nazionale antimafia, ha battuto Schifani 137 voti a 117, 16 voti in più rispetto a quelli disponibili della coalizione.
Forse i numeri hanno una loro logica anche in politica, sebbene si possa trattare di coincidenze casuali. Sta di fatto che le Presidenze di Camera e Senato sono andate alla coalizione di sinistra, sta di fatto che Bersani ha saputo giocare le sue carte e ha incassato un successo personale che pochi – fuori dalla mischia delle votazioni – gli accreditavano. Francamente non riusciamo a credere a presunte (o denunciate) spaccature all’interno del Movimento 5 Stelle, più che altro (ma potremmo sbagliare clamorosamente) ci sembra un gioco delle parti, una sorta di sceneggiata per giustificare eventualmente quel fluttuare di 17/16 voti che sia al Senato come alla Camera hanno consentito ai due candidati di sinistra di raggiungere il traguardo della Presidenza. Giochi o non giochi, il mondo della Sinistra non dovrebbe negare a Bersani una vittoria che è tutta sua, e che le critiche all’interno, della coalizione, visto il risultato, non sono plausibili. Bersani avrà sbagliato l’impostazione della campagna elettorale, ma certamente non è il solo ad avere sbagliato: vedasi Monti e lo stesso Berlusconi. Grillo? Vuole buttare fuori dal Movimento 5 Stelle i cosiddetti traditori che non hanno (non avrebbero, semmai) seguito le sue indicazioni: affermazioni, ora come ora, più che discutibili, così come discutibili, a nostro avviso, appaiono le affermazioni di quanti sostengono che il M5S si sia “spaccato”. Anche queste affermazioni, secondo noi, appaiono gratuite. La vicenda politica per la formazione del nuovo Governo del Paese è ancora alle prime battute: poco sensato dire adesso quel che potrà avvenire dopo: la partita è ancora sul tavolo, in pieno svolgimento. Lo “sconfitto” Bersani ha mostrato di saperci fare: ha incassato una sconfitta prima, ha conquistato una vittoria che pochi gli attribuivano. Tattiche e strategie di vecchia scuola che hanno funzionato, nonostante le fibrillazioni renziane e di coloro che avrebbero voluto mandarlo già in pensione. La scelta dei due nomi, Boldrini e Grasso, è una inconfutabile dimostrazione, una scelta fuori dall’apparato che ha spiazzato i tradizionalisti della “poltrona” a tutti costi, inceppando le previsioni degli stessi avversari.
Berlusconi? Al di là delle sue vicende giudiziarie, politicamente ha ragione d’essere solo se si guarda alla sopravvivenza del Pdl: se cade, la coalizione di Destra si frantumerà, si scioglierà come neve al sole. Ecco perché riteniamo, tutto sommato, la vittoria di Bersani per le due Presidenze una svolta, più di quanto possa essere stata la sconfitta elettorale. E’ questa “svolta” che oggi può (e dovrebbe) preoccupare sia a Destra che a Sinistra, sia lo stesso Grillo.
Futuro incerto? È un’altra certezza in un Paese che vive nell’incertezza quotidiana, ma è possibile che il Governo che si formerà avrà lunga durata, così come è possibile il contrario. Propendiamo per la prima ipotesi: non tutte le parti politiche in campo (Movimento Grilliano compreso) hanno voglia di tornare alle urne: l’elettorato è molto volubile, fortemente disorientato. Lo scardinamento del sistema, auspicato, sperato da Grillo, non può avvenire dalla mattina alla sera, e quel che si è ottenuto ieri, domani potrebbe prendere direzioni non facilmente controllabili.
Salvo Barbagallo